martedì 21 maggio 2013

Meraviglie e promozione.


Apparve una meraviglia, e l'uomo di fede parlò per primo "Dobbiamo ringraziare!".
Lo scienziato apostrofò "Ok, ma come è successo?" e il filosofo si chiese "Perché?".
Il poeta pensò che poteva descriverla in maniera tanto leggiadra che sarebbe stata amata comunque, ma ormai il promoter aveva mandato in stampa i flyer e per vederla (l'immagine proiettata dal vj, non quella vera) era obbligatoria la consumazione a undici euro al drink, e chi prima si poneva delle domande si rispose "Oh vabbè" e tornò a casa a gustarsi la tv del pomeriggio.




lunedì 4 marzo 2013

Una corazza.


Una corazza.

Sembra una cosa antica, ma oggi le cose antiche ci vanno a genio.
Come il ritorno del vintage, e le fiere del vintage e l'abbigliamento vintage, così siam liberi sfoggiare la nostra individualità freak, dalle foto si vede che spiriti liberi siamo.
Si sa che indossando occhiali simili a quelli di John Lennon se ne acquisisce automaticamente lo spessore.
Sì.
Ecco, forse mi piace il recupero del vintage tanto in voga, perché rende i fighetti aderenti all’iniziativa meno brutti da vedere. Butta via.
Comunque, la corazza.
Protezione d’altri tempi, ma finisce che l’usiam tutti, io, tu, noi, ché dentro siam molli, e sarebbe bello andare in giro a mostrarsi molli, ma i rischi son noti a tutti.
Magari non succede nulla, ma quando ti apri, a tutto ti apri, al bene come al male, e con quest’ultimo c’è poco da scherzare.
Passeggiamo in armatura, bella lucida, e chi ci guarda vede la propria immagine riflessa, perché l’armatura non cambia con noi, ma risponde a ciò che incontra.
E’ comoda e potresti non toglierla mai, se non fosse impossibile.
Impossibile, parolone, non so se sia impossibile, ma mi è successo ogni tanto di dover scegliere fra toglierla o non far entrare più nulla.
Non so come sia non far entrare più nulla, ma suona molto male e non vorrei scoprirlo, quindi tolgo l’armatura, e come sempre mi rimprovero per aver dimenticato la brutta sorpresa.
Sotto il ferro battuto ho ancora una pancia molle.
Guardo gli altri, spaesati come me, e mi ricordo che siamo stati protetti.
Che la corazza fosse il bel vestito liscio con cravatta, o la faccia di culo che si monta al mattino, ha fatto lei tutto il lavoro, ogni giorno, fino a che abbiamo smesso di farci caso, convinti di esser duri come il nostro carapace.

Un anziano canuto mi disse:
“Avevo la miglior corazza, ma un mattino ho voluto nuotare.
Indovina un po’, dove son finito.”
“E’ un pensiero molto saggio. Grazie, Osho.”
“Sono Tiziano Terzani.”
“Ah. Scusa.”

E vorrei essere più forte, ogni giorno lo vorrei, ma forse è meglio diventare più flessibile.




venerdì 15 febbraio 2013

LaStagione S01E01 - Ciccione


Ciccione.
L‘unica cosa che hai detto è stata “caffè”, nonostante io ti abbia sorriso un “buongiorno”, ti trovi già in deficit, sul piano della cortesia, ma non fa nulla.
Ti faccio il “caffè”, lo poggio sul bancone, caldo e profumato, l’aroma si spande, e tu dici la tua seconda parola, “macchiato”.
Va bene, è una richiesta normale (anche se diventa sempre piu' evidente l’assenza del perfavore), ma farei quasi notare che “macchiato” andrebbe detto subito dopo “caffè”, essendo un’indicazione utile alla preparazione del caffè come piace a te.
Ciccione.
Sto macchiando il caffè nel momento sbagliato, incrinando la piccola sequenza di azioni ben collaudate che mi permette di lavorare in maniera precisa, come piace a me.
Oggi son ventotto giorni senza un giorno libero, e andrà avanti così per un bel po’.
Ti spiego, così mi capissi.
Lastagione, come si dice in gergo, è un periodo (da fine maggio a inizio settembre nei casi piu' ordinari) di lavoro sine sosta, senza un giorno libero, anche se sul contratto c’è scritto che lavori tre ore ogni due domeniche (ammesso, e non concesso, che tu ce l’abbia, un contratto. In caso contrario il capo ti avrà detto qualcosa tipo “Non preoccuparti, è tutto in regola, puoi stare dietro al banco, ma se arriva un controllo tu sei un panino. Sisi. Digli così. Nega tutto. Capito? Bravo.”).
La cosa tende a renderti nervoso, e porta ad attaccarti a cose bizzarre, come la piccola routine lavorativa di cui sopra, sì?
Così, capito? Uno lavora un sacco, gli dicono che i giovani non channo piu’ voglia di far fatica, mentre tempo fa uno se gli davi mezza cipolla e un biglietto per il vaudeville ti tirava su un muro di tre metri, e ti verniciava lo steccato in segno di riconoscenza, ma tanto oggi non sapete nemmeno cosa voglia dire.
Ti girerebbero i marroni? Sì, te lo dico io.
Ecco appunto, uno lavora un sacco, almeno facciamolo lavorare tranquillino come piace a lui.
Ciccione.
Hai già aperto la bustina di zucchero, e tieni il lato aperto rivolto al cielo, appoggiando il gomito sul bancone.
Non mi permetto certo di pensare che tu voglia mettermi fretta, ma la tua posa, un pochino lo suggerisce, sicuramente.
Non mettermi fretta.
Ho molto caldo, dietro il bancone fornetto e macchina del caffè sono accessi e ronzanti, scaldano ancor di piu’. La macchina del ghiaccio e il frigo dei gelati, che a te offrono sollievo e refrigerio, sono per me fonte di tigna e caldoni. 
Ho sonno, ho aperto alle sette e sono le undici, e ho bevuto cinque caffè, uno ogni 48 minuti, quindi ho anche la cacarella, ma non posso andare in bagno perché son da solo.
Non mettermi fretta.
Non guardarmi così. Giuro che salto di là. Giuro che salto di là e ti infilo una tazza da cappuccino in bocca. Lo faccio. Ciccione.
Decido di perdere la calma.
Allungo il braccio oltre il bancone e lo afferro per un orecchio.
“Dimmi buongiorno, immediatamente, o te ne vai senza denti. Dimmelo.”
Tiro sempre piu’ il suo orecchio, le nostre facce si avvicinano, vedo lo sgomento che colora il suo viso, rendendolo simile a quello del mio cane quando alzo la voce.
La sua reazione mi suscita un ghigno, l’omone maleducato che mi stava di fronte è diventato un bambino grasso, alla mercé del bullo giustiziere.
Mi godo ancora un secondo la sua espressione, e pregusto il ceffone che gli smollerò fra un secondo.
“Perché mi fissa?”
La trance arcadica nella quale mi ero rifugiato svanisce.
Macchio il “caffè”.
Dico “niente, scusi” e gli servo il “caffè”.
Con una mossa istintiva mi piazzo dietro la macchina del “caffè”, nell’angolo cieco, dove nessuno può vedermi, e chiudo gli occhi un secondo.
Calma.
Ho sonno, ho caldo, devo fare la cacca, non so quando arriverà il cambio, ma almeno sono le undici, fino a pranzo ci sarà poco da fare.
Ciccione paga e si incammina verso lo sdraio.
Rollo una sigaretta, esco dal bancone portandomi dietro anche la scopa, tanto per fornirmi un alibi.
Fumo. Che bello fumare.



lunedì 21 gennaio 2013

Illusions of Grandeur

Fra i passaggi inevitabili della disoccupazione, oltre a farmi crescere la barba e andare al bar a bere il caffè come fosse un lavoro, c'è anche aprire il blog.
Mi costringo a far qualcosa, perché non faccio altro che far progetti, e mi fermo lì.
Avendo imparato a riconoscere le fasi del balordo processo creativo, posso dire con certezza che sono tre, e vado a esporle;

Fase 1 - L'idea
La folgorazione mi coglie mentre sto facendo altro, mettiamo che sono al bar.
Bevo il caffè, scambio qualche chiacchiera con l'amica al tavolo, parliamo della fatica che si fa a esser giovani che non fanno un cazzo, che è una bella fatica, checché ne dicano i meno fantasiosi.
Arriva l'idea, ed è sempre bellissimo.
Una porzione del motivo per cui sono venuto al mondo è racchiusa in quell'istante, sto disegnando in testa una bozza del mio futuro, e pare felice e stimolante, quasi un momento sacro.
L'idea è al momento una macchia luminosa senza contorni distinguibili.

Fase 2 - Lievitazione
Mi chiudo un attimo in me stesso, rispondo in maniera sconnessa alle domande dell'amica, che ormai ci è abituata, sta bon che è paziente e sa che il cervello mi lavora lento.
La pensata inizia ad assumere una forma intelligibile, le sue basi sono solide e pronte per lo sviluppo.
Fase 2.1 - Illusions of Grandeur
La sottofase del processo creativo in cui visualizzo la perfetta conclusione del progetto. 
In questa visione utopica ho già superato tutti gli imprevisti, appianato le difficoltà, sciolto nodi e raggiunto il successo. 
Soldi, fama e soddisfazione mi travolgono come una cascata di cioccolato caldo, io apro la bocca e trangugio beato.

Fase 3 - Al lavoro!
Torno a casa, metto il culo su una sedia e inizio i lavori, pianifico, ragiono, focalizzo tutta la mia attenzione sull'obiettivo.
L'incontro con le difficoltà del mondo reale mina le basi del progetto, e il ritorno di fiamma della fase 2.1 accende la miccia.
Il castello esplode in una nuvola di inconcludenza, dimentico il resto giocando a Medieval Total War.


La morale è che magari è meglio sbattermi un poco, prima di lanciarmi su ottomila idee geniali e finire a fare il lamentino perché la società è cattiva con me.
Inizio così, pian piano.

Buona giornata.